domenica 6 marzo 2016


IL LIMONE



Se ne sono andati tutti, uno a uno, ogni mattina la stessa crudele roulette.
D'altronde non mi sono mai abituato a questo mondo, a questo maledetto frigorifero classe A, e al suo sibilo glaciale, funereo. Brrr.
E poi, andarsene così, mescolati a una banana e a un cucchiaio di zucchero di canna. Uno al giorno, nel frullatone del mattino.
Sono rimasto soltanto io. Domani tocca a me.
Oggi sicuramente verrano i nuovi, con le loro fiabe e mitologie da agrumeto, come quella di Jack Lemon il pirata. O di quel Limontale che commosse gli uomini.
Arriveranno tutti insieme, come bestie, e se mi va bene mi rotoleranno addosso coprendomi, nascondendomi.
Potrei latitare così chessò, altri otto o nove giorni. Ma se ho capito qualcosa di come va il mondo, loro resteranno al sicuro sigillati nella retina gialla fino a martedì. E domani tocca a me.

Ebbene, sono pronto. No, per carità, non è per far pietà, e quale destino vuoi che abbia un limone? Ho vissuto, e me ne andrò, come tutti.
Come il povero Flipper, deciso a fare di sé qualcosa di buono... Chissà che, dentro a questo frigo. Povero giovane Flipper, allegro e fiducioso. Il primo ad andarsene. Quando sono arrivato io, sono ormai due settimane, ce n'erano ancora un paio del turno di prima, altri giri, altri circuiti, gente del biologico, che raccontavano di quando avevano visto il Sud. Il leggendario Sud.
Esisterà poi davvero?
Si sentivano chissà chi per questa faccenda del Sud. Ma a chi la raccontano. Quelli il Sud non l'hanno mai visto neppure in cartolina.
Sono i peggiori quelli che credono di sapere tutto solo perché ne sanno una.
E Nando, che era uno, lui sì, che la sapeva lunga, gliene ha dette quattro a quei limoncini striminziti, buoni soltanto per la maionese, o per guarnire. Ma io dico, alla fine, tutti dalla terra veniamo, non c'è molto altro da imparare oltre a questo.
Adesso  non c'è più neanche lui, e francamente se ne sente la mancanza quando, al buio, qui ci si annoia, e per combattere il freddo si fa un po' a cazzotti.

Se ne sono andati tutti. Pizzico, piccoletto ma incazzato, sempre in coppia con lo Spirlungo, così si faceva chiamare, alto quanto scemo e silenzioso.
Nina, anche lei, che la menava tanto con quel suo Frank, brutto muso. Il problema con quel tipo era che Nina era una di noi, e noi siamo gente che sa il fatto suo, magari un po' vagabondi, ma leali, ci guardi in faccia e già sai con chi hai che fare. Gente semplice noi limoni.
Ma quel Frank, quello era una maledetta mela. Non sai mai quali mostruosità ti nasconde una mela. Quelle non fanno gruppo come noi, hanno manie di protagonismo. Individualiste, tutte carriera e ricette speciali.
Povera Nina. Che ci trovava nelle mele dico io? Robetta di campagna. Povera Nina, poche ore che se n'è andata, e già dimenticata. Però che sventola ragazzi.

E oggi, accidenti, oggi se n'è andato anche Fosforo, un fratello per me.
Restavamo noi due soltanto, lui se ne stava sereno, aspettava insieme a me il destino che domani ci avrebbe diviso.  Io o lui. E' così che volevo prendere la vita, come arriva, e quando è il tuo tempo poter dire di avere capito la sua legge. E invece...
Un fuori programma. Se lo sono preso questo pomeriggio. Non so che fine abbia fatto, non ho sentito rumori, frullatori o spremiagrumi. Nulla, solo un po' di luce, sono andati dritti a lui. Non ne so più nulla.
E' per questo che mal sopporto l'ultima sera, è la solitudine. Che razza di nottata mi tocca passare.

Non sono preoccupato per la mia fine, intendiamoci, ero pronto fin dall'inizio, e poi già dalla serra si sentivano certe voci. Ma poi quando arriva il momento... è tutto diverso, ti vengono su i rimpianti, te li senti in ogni spicchio dell'anima. Ti accorgi che speravi in una tavola imbandita, magari un sarago al forno, ecco, o il bordo di un bicchiere da cocktail... Quella sì sarebbe stata una fine elegante, più adatta a me.
Ecco, avrei voluto vedere più cose, girare un po'.
E invece non so neanche bene com'è fatto questo frigo. Quando sono arrivato ho fatto appena in tempo ad adocchiare una bottiglia di orzata e delle olive, ed ero già dentro il cassetto, tutti uno addosso all'altro.
Avrei voluto muovermi di più, conoscere gente libera, scambiare idee, invece che pettegolezzi da aria viziata. E magari alla fine, senza più ripensamenti, addormentarmi come in un gran finale, un dolce di compleanno, farmi grattugiare la schiena e sentire spandere il mio profumo per le stanze.
Insomma, qualcosa di fragrante. Lasciare il segno. Aver detto la mia.
E invece così, in fondo a una tazza da colazione, stritolato da questa macchina impietosa che polverizza i grandi sogni.
E senza lo straccio di un amico, se non quelle odiose banane che non hanno mai visto un frigo dall'interno. Vorrei vedere loro, starsene qua dentro al buio, a crepare di freddo. Uno dei vecchi una volta mi ha raccontato di una che c'era finita per sbaglio. Era diventata nera in un pomeriggio.
Beh, comunque sempre meglio di quello che sta capitando alla pera del cassetto di fianco. La vedo attraverso il vetro, quando aprono la porta e qui entra un po' di luce, lo vedo giorno per giorno, è una cosa penosa. Ormai metà è da buttar via, e sta intaccando anche il resto.
Quella sì è una fine di merda.
Quanti ne ho visti. Un giorno un puntino verdognolo, "Niente di grave!" si dicono, "lo terrò sotto controllo..." Ma dentro lo sanno che qualcosa li morde, si sente l'odore della loro paura, del dolore, e della morte.

Le statistiche dicono che è più facile crepare schiacciati dalle ruote del camion del mercato che in una cucina.
Sarà, ma ai numeri non ci ho mai creduto. Io penso che diffondano queste notizie per contenere il panico da frigorifero. E che dire, i fatti mi danno ragione, il frigo è un posto pericoloso, lo sanno tutti, dove, più che vivere, si contano i giorni, statistiche o no.

Ebbene, addio odori e sapori, buoni e cattivi. Addio lampadina dei luminosi e brevissimi giorni. Addio eterne lugubri notti. Addio favoloso Sud mai conosciuto, che dicono percorso di raggi caldi e dorati.
Vi lascio il mio seme, nutro grandi speranze per lui. Sarebbe uno spreco saperlo in pattumiera, come dicono tanti, assieme alla mia pellaccia.

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