venerdì 23 febbraio 2018

EGO













Ego è un cane rabbioso. Non se tenuto bene al guinzaglio, liberato casomai solo in zona protetta e sotto stretta sorveglianza. Ego deve poter fare il suo sporco lavoro. Ego può diventare un simpatico animale da compagnia scodinzolante.
Io sono un tipo tutto d’un pezzo, e faccio del mio meglio per tenerlo a bada.

Ciao mi presento.
Eviterò di fare il mio bozzetto da tipo sbarazzino che ne combina di tutti i colori, che non sa che giorno sia, che rovescia il caffè, che non trova la macchina, che si è appoggiata con la giacca alla vernice fresca.
Non sono il tipo che ride per queste fesserie. Quando non trovo la macchina non rido, sudo. Quando rovescio il caffè arrossisco vistosamente.
Mi governa l’ansia, mi dici “salta” e io salto. E questo fa di me una persona molto seria. Sono di una serietà spaventosa.

Ma soprattutto, diciamolo, non so parlare di me senza parlare degli altri. Ad “altri” sono messa bene. Ne ho una collezione superlativa, da fare invidia a chiunque per qualità e quantità. Ci ho messo una vita a farmela. E loro mi apprezzano. Per intenderci, ecco una cosa che mi è stata detta di recente:
“La tua imitazione di Celentano dopo 10 anni è ancora la migliore in cui mi sia imbattuto”.
È magnifico lasciare il segno.

“Buongiorno, la chiamo per il suo manoscritto”. No questa non è vera. È Ego che mi rosicchia una caviglia.

Palestra? Alimentazione sana? Abbigliamento ricercato?
Sono trasandata come al liceo, quando abbinavo il blu e il marrone. Giro coi buchi sui gomiti, le scarpe infangate. Parrucchiere uno all’anno, e alla mia tavola è rarissimo vedere un frutto o una verdura. Vado a pizze e hamburger, patatine, formaggi, dolci tutto il giorno. A mangiar fuori si va al sushi all-you-can-eat, di quelli che non devi farti domande.

Molto corteggiata, tiè. Buono Ego! Dev’esserci un’app che si chiama Provaci-te. Inspiegabilmente o no, piovono uomini, torme di bei giovanotti e di omaccioni cresciuti si interessano a me con una certa intensità, e dove ti giri ti giri è tutta una galanteria.

È genetica, ce l’aveva mia madre e ce l’ho io, è un’altra cosa, io prometto felicità appena entro in una stanza.
Rilassatevi, Ego è seduto e scodinzola appena.

Mi finisce sempre un bicchiere tra le mani, quasi non me ne accorgo e mi esce un “perché no?". Dev’esserci un’app tra baristi. L’ultima volta, avevo fatto appena appena una punta di urlatina con mia figlia, il barista pietoso mi domanda sussurrando: “Ti faccio uno spritz?”

Io che leggere leggo, scrivere scrivo, cantare canticchio, ridere rido, piangere lo faccio, cinema quando si può. È più una grande storia d’amore col divano, quello che non si può fare su un buon divano bisogna pensarci bene se vada fatto.
Tendo a muovermi nel raggio di 400 metri, oltre è l’Estero.

Io io io. Mica mi nascondo, mi faccio questo giro con il mio cane al guinzaglio e vediamo come va a finire. Perché quando c’è Ego, corri corri, ci si ferma presto.
A dire il vero qui padrona è la fantasia. Perché io sono me, d’accordo, ma sono anche qualcun altro, è questo nome senza il quale io non sarei davvero io. La bambina sconosciuta che porto con me sempre e da sempre.
Siamo io e te, piccola Angelita di Anzio.

Ho poi questa figlia, fortunata me. Concepita a Cuba come una stella cadente destinata alle mie mani, improvvisa e dirompente come un pugnetto di polvere sui cui esplode un pianeta.
E qui Ego fa una capriola, si divincola, per un soffio non mi scappa e non mi azzanna la figlia alla giugulare.
Se lasci che sia il tuo cane a scegliere quello che ami e che non ami, ti ritrovi presto ad annusare ogni tipo di escremento per strada, ad azzuffarti con altri cani, a grattare forsennatamente pruriti irresistibili.

Eccomi qua, a cercare di bucare fondali e buttar per terra le quinte legnose di un palcoscenico, travestita da me mi godo da qui le avventure che mi aspettano. Ego, un istante fa così impetuoso, è sottile e docile, un fido bracco che fa il suo sporco lavoro, abbaiare, guaire, fare le feste. 

Io, io qui nella vasca da bagno, ben sapendo che da un momento all’altro potrebbe fare irruzione da quella porta tra gli accappatoi un uomo armato a ficcarmi un colpo in fronte, neanche il tempo di pensare, entrato non si sa come e perché, indagine che più non mi riguarderebbe e che sarebbe comunque storia d’altri. E puoi stare sicuro che Ego allora non servirebbe a nulla.
Io qui, sempre in compagnia di lei, o del suo cartonato, sorella morte, il tristo mietitore, la nera signora, sotto forma di sicario, di malattia covata subdolamente, o di tegola imprevista, no, non sono pronta né mai lo sarò, ché a me la vita sembra appena cominciata.

Io che ho tessuto di giorno questa me per disfarmi la sera.