mercoledì 27 luglio 2016


PUNTATA 8

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SETTE


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E quale colpa ne avevano i miei figli?
Non dico che non mi sia scappato un ceffone o due quando facevano troppi capricci, o se ero in sindrome premestruale, ma ucciderli no, non ho mai pensato di poterlo fare, per quanto nervoso potessero tirarmi fuori, non era come la rabbia che mi aveva scatenato lui.

Tutte quelle donne che se la prendono coi figli, mah, ho la sensazione che semplicemente all’ultimo sbaglino bersaglio.
Quando dicono a se stesse “io devo, devo uscire da questo”, o quello che dicono a se stesse prima di ammazzare un figlio, non stanno cercando il vero colpevole, stanno solo fuggendo.
Perché un colpevole c’è, è quello lì che ti ha messa incinta e poi ha creduto che tutto potesse filare liscio come prima.

Non lui in particolare, non quell’uomo, forse un altro, forse tutti loro. Non hanno capito, non hanno digerito. Che noi non siamo quelle di una volta, non ci puoi un bel giorno svuotare la testa e metterci dentro i figli. C’è spazio appena per noi. Non ci puoi annientare in un giorno.
Com’è che la raccontano in giro? Il giorno del parto muore una donna e nasce una mamma... Una cosa del genere.
Roba da matti. Esecuzione in ostetricia.

Guardaci per strada, guarda se non siamo le più belle creature in circolazione, guarda se non camminiamo sempre con il mondo in testa. Noi andiamo come salendo una scala, come soffiando vento.
Tu metti un uomo di fronte a una donna. Vedrai nel volto di lui, sulla sua fronte, finire il mondo, fermarsi su quella barriera. Ma negli occhi di lei quello stesso mondo lo vedrai prendere vita, sollevarsi e respirare, vedrai sul suo profilo volare le idee e correre la vita.

Lui si innamora, certo che si innamora, guardati, ti vuole come solo un uomo può volere. E a te questo piace, guardi il suo pomo d’Adamo muoversi mentre parla, ami la voce calma, osservi il suo avambraccio uscire dalla camicia, sembra forte, sembra che possa tutto con quel solo avambraccio, prenderti, sollevarti, trattenerti. È quello che fa, e non sai cosa ci sia in quella stretta che ti toglie il respiro, una specie di droga.
Ah gli uomini sono fantastici, sono come le bestie.
Li amiamo per questo.
Ti piace come ti guarda, ti sembra che ti metta incinta guardandoti.
Ed è meraviglioso, perché a volte è esattamente così che accade. È l’amore. I figli si fanno così.

Eccoli lì. Altri esseri umani, abbiamo fatto solo questo, abbiamo fatto l’amore.
Eppure arrivi in sala parto e sono già tutti pronti a fucilarti, a strappare un pezzo della donna che muore, tutti a guardare quanto ci metterai a estinguerti, e a te non resta che prenderti il tempo che ti va, tempo che, ancora non lo sai, passerai a prendere le misure della tana che stavate costruendo per te.
Era una fossa.

Un colpevole c’è, è tuo marito, è il maestro di scuola, è l’infermiera, è chiunque non ti difenda da questo.
Allora è con lui che bisogna prendersela. Lui che ha reso quella stretta d’amore la serratura di una gabbia, senza allenare il muscolo a trattenerti per il senso di un possesso del cuore, ma trasformandolo in una fissità da statua, per un semplice possesso del corpo.
Un corpo che adesso ha nome "famiglia".


...CONTINUA




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