venerdì 25 marzo 2016

C'È UNA DONNA


C'è una donna, trentaquattro anni, ha partorito da poco.
La neonata non dorme, piange, vomita. Allattarla è una specie di offerta agli dei crudeli, una vergine da squartare, un parente che brucia vivo. Fa un male cane.
"Quelli così sono terrificanti," le parole della pediatra che la vede a venti giorni.
A Dio non pensa più molto e da molto, ma in una di quelle notti, seduta tra i suoi brandelli, scrive all'amica d'infanzia: "Mi sento Cristo sulla croce che chiede Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato?"
Non c'è una madre, una sorella, qualcuno che le dica ci sono qua io, andrà tutto bene.
Passa un anno, giorni di cui parla senza gioia.

Inizia l'asilo nido, dove la bambina è soprannominata grillo, perché i grilli saltano.
Anche lì dorme poco, e quando lo fa, a casa la notte si salta.
La creatura è un esemplare di bambino particolare, di quelli che ti immagini sotto gli occhi di dottori accigliati che prescrivono sedativi.
Quello che era un neonato agitato è diventato un bebè vivace, e infine una bambina straordinariamente attiva e inquieta. Qualcuno usa la parola "birbona", qualcuno "strana".
A lungo non si dorme, circa quattro anni e mezzo.

A braccio di ferro la donna non ci aveva mai giocato, non le piace, sente il dolore nei muscoli, e stringe denti come se non avesse altro in bocca, né lingua per bere né parole per piangere.
C'è una luce di bosco in quella bambina, venuta da dove non si sa, un pianeta diverso dove si parla un lessico grave e musicale con un codice da conquistare.
Goccia a goccia quel codice entra, si fa decifrare, gocce di sudore, gocce di lacrime, e gocce di mare che seccando lasciano il sale e la sabbia. È lì nelle sue ore silenti mescolata alla spiaggia solitaria che la creatura si trasfigura nella ninfa che è venuta a essere. Gocce di colla vinilica, gocce di cioccolata, grandi gocce di pioggia in bicicletta.

La bambina ha sei anni e mezzo.
È dalla notte del messaggio mistico che la donna si sente dire cose: sua figlia dovrebbe stare più ferma a tavola, ma lei spesso mangia, seppure a tavola, in piedi. Dovrebbe addormentarsi diversamente, la bimba però si rigira forsennata, si fa in quattro per addormentarsi, a volte, smarrita, confessa che non ce la fa proprio, non riesce a dormire. A scuola dovrebbe stare più attenta, così la mamma glielo ripete e cerca di farle fare giochi di concentrazione, le costruisce laboratori in camera per isolare in quell'angolo quel suo fuoco sacro, ché non invada il resto.

La bimba è bimba, e vuole le sue attenzioni, se deve ti guarda storto da fare paura, dorme poco, mangia poco, non ascolta, corre dietro ad assurde passioni. Sport non ne fa, ha provato cose, potrebbe fare tutto, ma non l'appassionano, si stufa presto, i maestri delle attività domandano se la bambina ci senta. Quello che vuol fare è inventare cose, continuamente, ha troppo da inventare per lo sport, gli scacchi, il pianoforte. E correre, correre, correre. Seguire il vicolo dietro al portone che si apre inaspettato, seguire l'uccello nel cielo, seguire il ruzzolone nella tana del Bianconiglio.

La sera certe volte saluta le stelle, il luogo in cui risplendono i morti, e tra le stelle la nonna che non ha conosciuto e l'amico di mamma che la spingeva forte sull'altalena, parla con loro, dice nessuno mi spingerà mai più così forte.
Dice di avere dei poteri, tipo far parlare le cose, ma non vuole che si sappia in giro. Recita mantra, compie scongiuri, ma anche questo è un segreto.
Le maestre danno compiti a casa, rimediando così alla sua distrazione in classe.
La donna a volte urla, per farle imparare a memoria filastrocche insensate, per farle fare le addizioni a mente, per farla dormire, o restare a tavola.
La donna ne è così conquistata che passa con la bambina tutto il suo tempo, anche quello che non ce la fa. A volte si farebbe placcare un braccio nel metallo fondente pur di scappare da quel tempio. Ma altre volte pensa che quella bambina sia l'unica che la capisce, perché il mondo non somiglia né a lei né a sua figlia.

"Ma se è così in gamba, ma se è così intelligente..." si sente dire, "Forse sei tu che la devi contenere", "No, falla sfogare, falle fare sport", "Meglio lo yoga", "Ma quale yoga? Compiti fino a che crolla!" "Vuole attenzione non vedi? Fa' cose con lei, mettici la testa..."

Così l'altro giorno le stavo dicendo un "forse dovresti..." quando all'improvviso ho visto quei sei anni e mezzo, li ho sentiti nella stanza, tutti quanti, sulle pareti, tra i cuscini del divano, nel tintinnio delle stoviglie in cucina, mi è sgocciolato addosso ogni giorno di quegli anni, uno dopo l'altro. E ho compreso che non c'è abbastanza amore in una sola persona per tutto questo.
E ho compreso che chi è da solo contro il mondo non è in cerca di insegnamenti, ma di aiuto e di fiducia. Ho conosciuto in un attimo il loro diritto a farcela, a essere diverse, tutt'e due.
E le ho detto ti aiuterò io a difenderla.


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